L’Ambasciatore d’Italia in Indonesia, Vittorio Sandalli, è accreditato anche presso la Repubblica Democratica di Timor Est.
Il Paese ha ottenuto la propria indipendenza dall’Indonesia nel 1999 ed i suoi territori comprendono la parte orientale dell’isola di Timor, le prospicienti isole Atauro e Jaco e l’exclave di Oecusse, completamente circondata da territorio indonesiano. Con una popolazione di circa 1.2 milioni di abitanti e una superficie pari a 15,410 Km2, Timor Est è il Paese del Sud Est Asiatico meno popoloso e di dimensioni più ridotte. Le lingue ufficialmente conosciute sono il tetum prasa ed il portoghese, mentre l’indonesiano e l’inglese sono considerate lingue veicolari. La configurazione linguistica del Paese mostra tuttavia una situazione molto più variegata, in cui solamente il 36.6% della popolazione riconosce il tetum prasa come lingua madre, mentre risultano molto diffuse alcuni lingue minoritarie tra le quali il mambai (12.5%), il makasai (9.7%), il tetum terik (6.0%), il baineku (5.9%), il kemak (5.9%), il bunak (5.3%), il tokoede (3.7%) e il fataluku (3.6%). Durante il periodo di occupazione indonesiana, il portoghese fu vietato nell’ambito pubblico (scuole, uffici governativi, etc.) e soltanto l’indonesiano poteva essere utilizzato. Per tale motivo, nel periodo della lotta per l’indipendenza, la lingua portoghese rappresentò un elemento di identificazione e di unione per la popolazione timorese e ancora oggi il governo ne supporta la diffusione, promuovendone l’utilizzo e insegnandola nelle scuole. Dal punto di vista religioso il Paese è invece molto più omogeneo, rappresentando infatti, insieme alle Filippine, l’unico stato asiatico a maggioranza cattolica (96.9%).
La capitale del Paese è Dili e la valuta ufficiale è il dollaro statunitense.
Una lunga strada verso l’indipendenzaI primi mercanti portoghesi arrivarono nel territorio che corrisponde all’attuale Timor Est tra il 1509 e il 1511. All’inizio del XVII secolo il villaggio di Lifau, nell’attuale exclave di Oecussi, rappresentava il centro delle attività commerciali portoghesi che ruotavano principalmente intorno al traffico di caffè e legno di sandalo. Nel 1702, dopo diverse campagne militari tese ad acquisire il controllo del territorio dal Re di Timor, che allora controllava la regione, il territorio est-timorese diviene ufficialmente colonia portoghese con Lifau capitale. Nei primi anni sotto il dominio portoghese il territorio di Timor Est era considerato come un remoto avamposto commerciale, utilizzato da Lisbona per espellere periodicamente criminali e figure scomode in patria. La bassa rilevanza attribuita alla regione dai colonizzatori non incentivò gli investimenti necessari per lo sviluppo delle infrastrutture locali, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e, più in generale, non permise alcuno sviluppo per la piccola colonia del sud-est asiatico. Nel 1769 la capitale fu spostata a Dili mentre la parte occidentale dell’isola cadeva sotto controllo olandese. Nel 1859, con il Trattato di Lisbona, il Portogallo e la Compagnia Olandese delle Indie Orientali definirono i confini provvisori tra le due aree di espansione, mentre l’attuale confine, che ancora oggi rappresenta la fine dell’Indonesia e l’inizio di Timor Est, fu stabilito dall’Aia nel 1914. Durante la Seconda Guerra Mondiale Timor Est subì l’occupazione giapponese e, nei tentativi di liberazione dell’isola, persero la vita tra i 40 mila e i 70 mila est-timoresi. A seguito della Rivoluzione dei Garofani, nel 1974 il Portogallo iniziò il suo ritiro dalla regione e nel 1975, a seguito di una breve guerra civile, il Frente Revolucionária de Timor-Leste Independente (FRETILIN), vicino all’ideologia comunista, dichiarò unilateralmente l’indipendenza di Timor Est. Il vicino regime di Suharto, che già dall’inizio della sua esperienza governativa si era prodigato per eliminare la presenza di movimenti filo-comunisti in Indonesia, preoccupato per il futuro del neo-stato caduto nelle mani del FRETILIN, decise di invaderne il territorio nel dicembre 1975. Il 17 luglio 1976, al termine di un periodo segnato da lunghi e sanguinosi scontri, l’Indonesia dichiarò Timor Est come 27ma provincia dello stato indonesiano. Da quel giorno iniziò l’occupazione indonesiana di Timor Est, che si concluse solamente in seguito ad un referendum per l’indipendenza nel 1999. Durante la lotta contro le truppe indonesiane negli anni dell’occupazione, le ultime stime indicano che persero la vita circa 100 mila est-timoresi. Se da un lato i 24 anni di occupazione indonesiana furono caratterizzati da considerevoli investimenti nella regione, che portarono ad una crescita economica sostenuta e ad un miglioramento delle condizioni di vita, dall’altro furono contraddistinti da numerosi atti di ribellione, motivati principalmente dal controllo oppressivo imposto dal Governo di Jakarta sul Paese. Nel 1999, a seguito della fine del regime di Suharto, l’Indonesia concesse ai cittadini est-timoresi di svolgere un referendum per l’indipendenza che, con il 78% dei consensi, sancì ufficialmente la volontà diTimor Est di diventare uno Stato autonomo e separato dall’Indonesia. Successivamente, alla ripresa degli scontri con le milizie anti-indipendenza ancora attive nel Paese, le Nazioni Unite assunsero l’onere di gestire il periodo di transizione, inviando truppe di peacekeeping, rimaste nel Paese fino al 2012.
Nel 2002 Timor Est divenne finalmente indipendente ed elesse Xanana Gusmao come suo primo Presidente.
Politica interna
Il Capo di Stato è nominato attraverso elezioni popolari dirette a doppio turno. Il Presidente viene eletto per un mandato che dura 5 anni e, in veste di più alta carica dello Stato, ha il compito di nominare il Primo Ministro, nonché di monitorare l’attività del Parlamento, facendo eventualmente valere il proprio diritto di veto. Attualmente, il Presidente di Timor Est è Francisco Guterres (detto Lu-Olo), eletto alle elezioni tenutesi il 20 marzo 2017 come candidato appoggiato congiuntamente dal FRETILIN e dal Congresso Nacional de Reconstrução de Timor (CNRT). Sempre nel 2017 si sono tenute anche le elezioni legislative, svoltesi il 22 luglio 2017. I partiti che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze sono stati il FRETILIN con il 29.7%, il CNRT con il 29.5%, il neo-fondato Partidu Libertasaun Popular (PLP) con il 10.6%, il Partido Democrático (PD) con il 9.8% e, a sorpresa, il neo-fondato Kmanek Haburas Unidade Nasional Timor Oan (KHUNTO) con il 6.4%. Gli osservatori internazionali che hanno assistito alle due tornate elettorali, le prime in seguito al ritiro delle truppe di peacekeeping ONU nel 2012, hanno testimoniato il clima pacifico in cui si sono svolte entrambe le consultazioni e hanno constatato la raggiunta maturità della democrazia est-timorese.
Economia
Dal punto di vista economico Timor Est è un un Paese in via di sviluppo, che subisce ancora il grande ritardo accumulato in passato sia dal punto di vista degli investimenti, sia dal punto di vista del sistema industriale. Con il 52% della popolazione che vive con meno di $ 1.25 al giorno, Timor Est è infatti considerato un Paese a basso reddito. Il PIL pro capite (PPP) si attesta intorno ai $ 4,187 (2016), classificandosi al 138° posto a livello mondiale secondo l’IMF. Secondo le ultime stime, la composizione del GDP deriva principalmente dal settore secondario (68%), seguito dal settore terziario (24.4%) e dal primario (7.5%). Nel settore secondario l’industria su cui il piccolo Paese del Sud Est Asiatico basa la maggior parte della propria attività industriale e la sua sussistenza è l’estrazione di petrolio e gas naturale. Inoltre, anche dal punto di vista infrastrutturale, Timor Est paga ancora oggi la decennale lotta per l’indipendenza dall’Indonesia, che ha danneggiato la maggior parte delle (già scarse) vie di comunicazione esistenti. Secondo le ultime stime soltanto il 18% delle aree rurali ha accesso all’energia elettrica, con un valore complessivo a livello nazionale che si aggira intorno al 40%. Nonostante queste criticità, il Paese offre numerose potenzialità di crescita e consistenti possibilità di investimento da parte dei Paesi stranieri. Queste opportunità sono principalmente legate alla posizione strategica del Paese, collocato a metà strada tra Asia e Oceania, nonché per i numerosi investimenti infrastrutturali che il Paese dovrà sviluppare nei prossimi anni.